Appartenenza ed identità

L’Appartenenza e l’Identità sono due componenti fondamentali per la vita di ognuno.

Vengono inseriti nell’area dei bisogni parimenti importanti al cibo, alla sicurezza e all’amore.

Per me è importante e necessario che tra loro ci sia un perfetto equilibrio, in quanto il sopravvento di uno dei due sull’altro comporterebbe uno squilibrio.

È facile immaginare che un’appartenenza forzata a scapito di un’identità crea una “prigione” così come una identità pronunciata crea la condizione di “solitudine e isolamento”.

 

Ma come possiamo definirle?

 

L’appartenenza è il bisogno di una persona di trovarsi in una comunità, così da socializzare con gli altri, sentendosi “garantito” di vivere tra suoi simili, sia per la lingua, le regole sociali, la conformazione fisica e perché no, il cibo.

Ovviamente, appartenere ad una comunità (famiglia, città, regione, stato, tifo sportivo, partito politico ecc.…) crea tranquillità e si tende inconsapevolmente a fidarsi di più di chi “ci somiglia” e/o lo sentiamo affine.

Se le informazioni e le regole della convivenza in quella comunità di appartenenza, diventano dei dogmi, delle indicazioni indiscutibili, dove una qualsiasi forma di discussione è negata, allora quel contesto sociale diventa una “gabbia” (immagina una dittatura).

Questa condizione obbliga chiunque a trovare due soluzioni:

– la prima è ribellarsi per aumentare la propria indipendenza e identità fino ad agire con violenza (dissidenti, partigiani, rivoluzionari, ecc.…) fino a rinnegare la propria appartenenza.

– l’altra è uniformarsi, soffocando la propria identità a favore della totale adesione alla comunità, fino a vedere gli altri come veri e autentici nemici.

La storia è piena di persone che in nome della propria identità hanno scardinato idee e strutture bloccate in credenze e valori che altro non erano che inutili regole dettate dall’ignoranza. (Giordano Bruno e tantissimi altri)

È indiscutibile che tutti noi abbiamo bisogno di sentirci inseriti e a contatto con gli altri, cercando nel nostro “simile” la giusta somiglianza e simpatia ma bisogna cercare e accettare anche la giusta differenza.

Quella somiglianza che ci aiuta e quella differenza necessaria per aiutarci a crescere nel sostegno e nell’accoglienza dell’altro.

Quindi, in conclusione, se c’è confusione tra l’appartenenza e l’identità al nostro interno ci sarà un conflitto.

Appartenere per molte “Comunità” significa conformarsi e questo necessariamente annullarsi sia come persona che come pensiero.

Significa che ognuno è uguale a un altro, che dappertutto valgano le stesse regole, che ciò che piace a me debba ovviamente piacere anche agli altri, che ciò che è immorale per me debba esserlo anche per gli altri.

 

Quindi, se per appartenere ad una comunità, mi si chiede di annullarmi allora per forza di cose mi sentirò soffocare, invadere, deprimere diventando in ultimo anche violento.

Perché appartenere ad una comunità non significa aderire in modo totale e acritico.

Immaginate di nascere in una famiglia che ha in sé “pecche, carenze, violenze, privazioni” o che è strutturata sul bene e il male, sulla competizione, su preconcetti o pregiudizi!!

 

Quale sarà la percezione che avrete di voi stessi?

 

Se la vostra voglia di “esplorare” e “fare esperienze” è impedita, fino ad arrivare ad essere castrata, cosa immaginate che succeda in voi?

Io immagino che vi sentirete sempre divisi in due, dove ci sarà una parte che vuole restare e una che vuole andare.

Sappiate che questo è l’inizio di molte crisi depressive o violente fino ad arrivare a patologie molto importanti.

Al contrario se nasciamo in famiglie (o comunità allargate) che hanno l’attitudine a valorizzare le nostre capacità e lasciarle “fiorire” così da orientarci sempre verso ciò che è meglio per noi allora costruiremo una “identità forte” che saprà stare in una comunità mantenendo la sua singola e originale identità e quindi vivrà nella gioia di esistere.

 

L’Identità ha varie connotazioni come, maschile e femminile, sessuale, religiosa, etnica, culturale, sociale e tante quante sono le persone che vogliono trovare la definizione della propria identità.

Per me l’identità è la somma di tutte le mie esperienze, della capacità di sbagliare, di essere in contatto con me e sapere in ogni momento cosa sto provando e percependo della mia emozione.

Insomma è essere ME attraverso il tempo.

Distinto, come entità, da tutti gli altri.

L’identità è la percezione di SÉ in continuo cambiamento ed evoluzione che va incontro a crisi di vario genere, specie nell’età evolutiva.

Per alcuni studiosi (E.H. Erikson) la strutturazione dell’identità avviene nei primi anni di vita del bambino, quando con la scoperta del mondo degli oggetti e la distinzione fra questo e il proprio sé, fisico e mentale, nasce il sistema dell’Io”.    

Nei primi anni di vita l’appartenenza è fondamentale ma deve, con il crescere e dietro la guida dei genitori e della famiglia, sostenere la costruzione dell’identità, compresa l’identità sessuale.

All’inizio di ogni percorso di crescita c’è una sana identificazione con il proprio genitore grazie alla quale vengono assimilati, dal bambino, aspetti e caratteristiche degli adulti che diventano “un modello”.

Il senso d’identità e di indipendenza vero e proprio, inizia quando il bambino, crescendo si stacca dai genitori.

Questa separazione-individuazione è il primo passo verso un’identità adulta.

 

 

Molti giovani oggi scambiano l’appartenere ad un gruppo sia identificativo e che dia lo stesso valore di una condizione adulta, libera e indipendente.

Niente di più falso!

Sull’identità si basa, talvolta, l’ingenuo pregiudizio che la psicologia dell’uno sia uguale a quella dell’altro, che dappertutto valgano gli stessi motivi, che ciò che piace a me debba ovviamente piacere anche agli altri, che ciò che è immorale per me debba esserlo anche per gli altri…”. (C.Jung)

 

Essere liberi di sperimentare, di provare, di sbagliare, di esprimerci e poi ricominciare ancora e ancora è il solo modo di far crescere in noi la nostra vera identità.

Ancora più importante è che in questo “viaggio” nessuno ci possa giudicare.

Nessuno può giudicare nessuno.

Nessuno è dentro la nostra pelle.

Se siete dei genitori lasciate che i vostri figli possano fare esperienze, possano esprimersi, possano sbagliare.

Noi genitori dobbiamo essere sempre pronti a sostenerli, motivarli ma soprattutto MAI GIUDICARLI!!!!!

Concludo dicendo che quando si hanno esperienze di qualsiasi natura che riteniamo altamente positive e di valore quale è la prima cosa che facciamo?

Le condividiamo

Quindi se abbiamo avuto un’educazione libera e originale rispetto al nostro valore e siamo cresciuti in una struttura sociale che è stata capace di sostenerci e valorizzarci saremo da adulti delle persone che sentiranno, come normalità, quella di restituire a chi viene dopo di noi gioia, apprezzamento, sostegno e modello.

Buona Vita.

Emidio